chiacchierando del più e del meno, una mia amica mi ha confidato di voler aprire un negozio e fare la fiorista.
al che, come mi capita spesso di recente, mi sono completamente straniato dal discorso.
mi sono reso conto, a distanza di diversi anni, di non aver mai saputo quale fosse la risposta corretta al tranello del famigerato test dei tre giorni: ti piacciono i fiori? a cui seguiva il più subdolo quesito vorresti fare il fiorista?
ora, per le altre domande del test non ci voleva un genio per capire dove volessero andare a parare. dico, se ti chiedono odi tuo padre? la risposta è ovvia: hai diciotto anni e lui ne ha almeno il doppio, avete stili di vita e ideologie diametralmente opposte. giusto ieri magari ti ha fatto una testa così per come sei uscito da scuola o per altre stronzate simili. perciò sì, diciamo che non corre buon sangue e se ti sforzi abbastanza, potresti anche arrivare ad odiarlo. certo, non in modo assoluto e comunque se rispondessi in maniera affermativa lo psicologo militare avanzerebbe delle obiezioni. perciò no, non odi tuo padre.
è chiaro anche come rispondere alla domanda senti delle voci nella tua testa che ti ordinano di fare qualcosa? se anche per caso ti fosse capitato, è bene non farlo sapere a questa gente.
ma la faccenda dei fiori è un'altra cosa. è un test redatto da uno psicologo, ok, ma pur sempre a contatto con i militari. forse nel chiederti se *ti piacciono i fiori* intendono portare alla luce il tuo lato più sensibile, più femminile, più, come dire.. ricchione?
sì, ti piacciono i papaveri e qualche altro fiore ma non ci fai una malattia, ecco. e poi in primavera ti danno pure fastidio. quindi no, non ti piacciono. ma non sono convinto sia la risposta giusta. anche perchè, se ben ricordo, la risposta si articolava ben al di là del solito sì e no. c'erano forse delle risposte intermedie, sfumature da considerare bene in questi casi.
il vero problema del doppio quesito sui fiori lo porta la seconda domanda. uno può essere portato a pensare che i militari ne facciano una questione di coerenza: ti piacciono i fiori e quindi non vediamo perchè tu non debba voler fare il fiorista. ti sei iscritto a medicina ma, diavolo, ti piacciono o no quei benedetti fiori? sì, quindi morirai dalla voglia di fare il fiorista (prendi lo stetoscopio e cammina).
non ti piacciono i fiori perciò perchè mai dovresti volerci finire in mezzo fino all'età pensionabile? con quell'odore di petali in decomposizione e acqua marcia.
la verità è che quando è toccato a me rispondere a questo test idiota, la procedura del test era stata in parte modificata e tutti, successivamente, sarebbero stati chiamati a colloquio con la psicologa (figura che porta alla mente pellicole d'essai come la dottoressa del distretto militare e affini).
quando ci sono andato io mi ha chiesto se a casa filasse tutto liscio, se avessi qualche vizio (pure ne avessi avuti di rilevanti mi sarei guardato bene dal divulgarli ai militari. "vizi? niente di particolare. beh, talvolta mi sollazzo infilandomi delle pere kaiser nel retto", "ah, e fiuto saltuariamente della brown brown, ma solo nelle feste comandate").
si è parlato di tutto fuorchè di fiori. il che mi porta a pensare di aver risposto correttamente al tranello fiori=fiorista, anche se non ne sono del tutto sicuro.
ho idea che negli archivi dei vari distretti militari ancora attivi, giacciano tutt'ora diverse pratiche con le foto di migliaia di brufolosi adolescenti marchiati come "sovversivi rivoluzionari", tenuti sott'occhio dai servizi segreti, che non intendono intraprendere la professione del fiorista nonostante il loro debole dichiarato per i fiori.
se domani uscendo di casa avvertiste la sensazione di essere spiati o pedinati, beh, potrebbe non essere solo una sensazione.
allora accostate all'improvviso sul ciglio della strada e raccogliete un mazzetto di fiori di campo. annusateli come fossero la cosa più inebriante al mondo.
guardatevi attorno e strizzate l'occhio alla telecamera.
mi piace la gente vivace / non amo chi tace e acconsente / avete per caso già fatto i tre giorni? / io personalmente preferisco la gente insana di mente
venerdì 13 giugno 2008
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flower power |
domenica 11 maggio 2008
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goo |
ecco disponibile in streaming un nuovo pezzo, RAVING GULLIVER
hey doctor gulliver, open your medicine chest
you still don't know what hell of a trip you're going to make
on your ship, asleep and stoned on ether fumes
the water is so dark it seems to sail through petrol dunes
raving doctor gulliver
hey doctor gulliver, you can't go lower than this
the best you can do now is waving your arms and stop to sink
nailed to the ground, you can't move, you can hardly try
little men inside your head are staring at you petrified
critiche e commenti bene accetti. buon ascolto.
stgvs
mercoledì 19 marzo 2008
sabato 15 dicembre 2007
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gino è una bestia (aka "jingle bells") |
il mio nuovo lavoro stagionale come babbo natale all'ipercoop, mi permette diversi benefit, tra cui la possibilità di godere di forti sconti su tutti gli articoli in promozione natalizia in vendita nei negozi della catena. la condicio sine qua non perchè io usufruisca di questa facilitazione è che mi presenti alla cassa col costume di babbo natale, lo stesso che uso in orario di lavoro. come se a questo punto mi fregasse qualcosa di fare figure da cazzo con la gente.
l'altra sera ero talmente sfatto che sono sceso al bar vestito ancora in giacca rossa con finiture di pelo bianco e barba posticcia. mi sono appoggiato al bancone senza potermi sedere, perchè dopo un turno di sei ore filate, a forza di tenere bambini ciccioni sulle ginocchia a ritmo di uno ogni due minuti, le chiappe mi si sono gonfiate in modo spropositato e mi si sono pure tagliate in mezzo (ma il dottore ha detto che quella probabilmente è una vecchia ferita).
sembravo un incrocio tra dan aykroyd vestito da babbo natale ubriacone nel classico natalizio una poltrona per due (che molto probabilmente nelle prossime tre settimane trasmetteranno a ciclo continuo e anche a reti unificate subito dopo il discorso di napolitaner) e il billy bob thornton di babbo bastardo (quello che nella scena clou del film s'inchiappetta una grassona nel camerino del grande magazzino dove lavora come babbo natale esclamando: "sì, baby, non riuscirai a cagare per una settimana!").
– lo sai? è anche grazie a gente come te se ho smesso di amare il fottuto natale – mi ha detto il barista in tono acido.
l'ho guardato per un po' e poi ho ruttato. che altro avrei dovuto fare? credevo di essere solo un'icona kitsch e invece mi ritrovo ad incarnare lo spirito di una festa morta, fagocitata dalla farsa del consumismo.
– mamma, babbo natale sta bevendo un scotch doppio al bancone! – ha bisbigliato un nanetto tirando la gonna della madre etilica allo stadio terminale.
m'è venuto da pensare che portarsi il figlio in un posto come questo non è granchè educativo. ma neanche portarlo all'ipercoop sulle ginocchia di un finto babbo natale per chiedere regali – che nella maggior parte dei casi sono delle cazzate tremende – lo è.
mai nessuno che chieda qualcosa di anche solo lontanamente interessante, per dire. chessò, non ho mai sentito un bambino che mi chiedesse di portargli, la butto lì, un didgeridoo, quell'affare che sulle prime sembra un grosso chillum da erborista esibizionista, ma che invece va usato al contrario. viene dagli aborigeni australiani che lo intagliavano dalle piante di eucalipto e se ci soffi dentro produce quel bordone ipnotico da cui prende il nome lo strumento.
io, ad esempio, da piccolo mi sarei divertito di bestia con un affare del genere a disposizione. comunque nessun bambino mi ha mai chiesto un didgeridoo, ecco. non che glielo avrei portato, voglio dire, il mio lavoro consiste nell'ascoltare le loro richieste e rispondere con frasi standard tipo: oh oh oh, sarai accontentato, piccolo! buon natale! oh oh oh (l'oh oh oh è per contratto, io ne farei volentieri a meno, ma mi pagano un tot ogni oh). poi morta lì, non è che devo anche portargli i regali a casa. nel colloquio con il direttore del personale dell'ipercoop ho tenuto che fosse messo nero su bianco. non si è mai troppo prudenti con questi contratti capestro. finisce che da qualche parte in piccolo c'è una clausola che t'inchiappetta e ti ritrovi la notte del 24 ancora vestito da babbo natale, con un sacco pieno di avanzi di magazzino dell'ipercoop in spalla, a fare il giro dei dormitori e dei centri di accoglienza per i disadattati. non sono tagliato per il volontariato, io. è il senso di colpa che mi fotte e anche una certa dose di presunzione congenita.
ma poi ho pensato, magari nessun bambino mi chiede il didgeridoo perchè nessun bambino sa cosa sia. così ieri, al turno del pomeriggio, ho portato il mio didgeridoo in negozio e, approfittando di una pausa tra una richiesta di gormiti e una di fatine winx (a proposito, COMPLIMENTI buffon, la tua è la pubblicità più trash del momento), mi sono prodotto in un'esibizione estemporanea.
quando ho riaperto gli occhi (ero preso al punto da chiudere gli occhi nel trasporto dell'esecuzione, abitudine di cui hornby parla con sospetto e diffidenza in about a boy) i clienti erano tutti accucciati per terra con le mani premute sulle orecchie.
– che cosa sta succedendo qui?? – ha gridato il direttore del reparto arrivando trafelato. un lembo della camicia gli sporgeva dalla giacca. secondo me stava cacando quando qualcuno l'ha avvertito dell'emergenza all'angolo di babbo natale.
babbo natale, cioè io.
– cosa diavolo è quell'affare?? – ha gridato quello, sempre coi due punti di domanda.
allora mi sono sentito in dovere di spiegare e di decantare la bellezza del didgeridoo. non mi rivolgevo direttamente al tizio, il mio discorso era più che altro rivolto ai bambini presenti.
– lo metta via subito! – ha intimato il caporeparto interrompendomi sul più bello.
stavo per spiegare le proprietà ipnotiche del suono emesso dal didgeridoo, che sulle prime può risultare molesto ma poi è capace di trascinare l'essere umano in una dimensione trascendentale.
– o sarò costretto a farla sbattere fuori – ha sibilato quello tra i denti, avvicinandomisi con fare minaccioso.
così, con la tristezza che mi riempiva il petto e mi fiaccava le gambe, ho messo da parte il mio didgeridoo.
ma poi è successo.
– voglio un tubo che fa "woooomwoooomwowooomwoooowoooom" – ha detto il primo bimbo ciccione che mi si è chiapponato sulle ginocchia osteoporotiche.
oh oh oh!, ho esclamato io con rinnovato vigore (il che mi ha fruttato un aumento in busta e il ritiro della nota di biasimo per l'incidente col didgeridoo).
– ma gianmattia – ha detto la madre stupefatta (almeno quanto lo ero io dopo aver sentito con che razza di nome ha marchiato a vita il figlio) – cosa te ne fai di quel coso?
cioè capisci, ha detto "quel coso". quanta ignoranza, madonna.
– ti spacco la minchia, mamma – ha detto quello con un sorrisetto da vero bastardo.
1-0, mamma, prendi questo. quel piccolo botolo di adipe chiapponato sulle mie ginocchia ora pareva pesare due grammi tanto lo stimavo (dentro di me, perchè per contratto non possiamo dire nient'altro ai piccoli che le frasi standard imparate a memoria, se non vogliamo rischiare denuncie per molestie. oggi il mondo va così).
la madre si è portata via il fan numero uno del didgeridoo pensando comunque di essere al sicuro. deve aver pensato: il bambino avrà pure chiesto quel coso ma io col cazzo che glielo compro.
beh, non si preoccupi signora, mi premurò di recapitare il regalo di persona, direttamente davanti alla porta di casa. e quando gianmattia lo vedrà, sarà fatica sprecata cercare di portarglielo via.
dopo gianchiappechiappone, molti altri bambini hanno richiesto il didgeridoo, tanto che ho saputo che una famosa casa di giocattoli ne sta preparando una versione economica per la vendita nei centri commerciali. e forse qui ho anche perso un'ottima occasione per sfruttare un bel bisiniss' nascente. non che mi importi granchè. resto un finto babbo natale schiacciato dal peso di bambini grassi e pasciuti fino alla vergogna, ma sono un uomo più sereno.
martedì 16 ottobre 2007
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fortune teller (aka "effetti collaterali cinematografici") |
molti bambini sognano di diventare grandi, senza considerare (e come potrebbero) le innumerevoli implicazioni del loro desiderio. io, tanto per distinguermi, interiorizzai a tal punto la volontà di crescere da esserne terrorizzato. per diverso tempo infatti, da piccolo credetti di essere affetto da progeria, una sindrome degenerativa che comporta un rapido invecchiamento del fisico (ma non della mente).
non so cosa me lo facesse credere (ho sempre dimostrato la mia età, se non addirittura qualche anno di meno) ma penso di sapere perchè. sospetto sia stata tutta colpa di un film - che probabilmente non vidi nemmeno, forse me lo raccontarono soltanto - in cui un tizio affetto da progeria dà fuori di matto e decide di far fuori chiunque gli capiti a tiro.
per quello che ne potevo sapere io, la furia omicida poteva essere una delle conseguenze della malattia. dunque non stavo solo rapidamente invecchiando ma presto avrei anche ucciso la mia famiglia.
poi arrivò tom, il tom prima maniera, quello che avevo imparato a conoscere in una serie TV intitolata henry e kip (dall'originale bosom buddies, che da noi suonerebbe tipo "i compagni tette"), in cui lui e un suo amico si travestono da donne per abitare in un pensionato femminile.
nel film di tom c'è un bambino mingherlino e anche un po' bruttino se vogliamo dirla tutta, che una sera esprime il desiderio di diventare adulto ad una macchina a gettoni del luna-park e la mattina dopo si sveglia nel corpo di tom hanks. solo che la gente non lo riconosce, perchè all'epoca tom doveva ancora girare i grandi successi che gli avrebbero dato fama e lustro planetari.
non sapevo cosa fosse peggio, se invecchiare prematuramente ed impazzire, uccidendo barbaramente i miei cari o svegliarmi nel corpo di, chessò, benicio del toro, dieci o quindici anni prima di traffic, brutto e povero (ho preso del toro perchè è uno con cui non farei a cambio. se mi svegliassi nel corpo di, per andare sul sicuro, brad pitt anche dieci o quindici anni prima di sleepers non sarebbe un grosso problema, anzi).
poi arrivò michael e con la pubertà accantonai definitivamente il discorso progeria per gettarmi in un altro inferno, un tantino più subdolo e possibile: il parkinson.
avevo visto michael diventare un fighissimo lupo mannaro (metafora dell'adolescente che si fa uomo) e volevo anch'io surfare sul tetto di un'auto in corsa, sulle note di surfin' USA; lo avevo visto fare avanti e indietro nel tempo su una vecchia delorean, usare il suo acume e il suo incredibile ingegno per fare carriera in una grande città (nell'evoluzione naturale del personaggio di alex keaton).
e poi all'improvviso, scosso dai tremori, annunciava di essere affetto dal morbo di parkinson. tutto era cominciato - raccontava - con un tremore al mignolo, durante le riprese di doc hollywood. inutile dirlo, presi ad interpretare il minimo spasmo muscolare come un sintomo della malattia, l'inizio della fine.
per farla breve, non sono mai stato affetto da progeria o dalla sindrome di werner e, se dio vorrà, non dovrò avere a che fare col parkinson ancora per un bel pezzo. ma i film, quelli saranno sempre in agguato e quando meno me lo aspetterò, sarò di nuovo in un bagno di sudore, con gli occhi spalancati nel cuore della notte, in pieno attacco cardiaco, pregando con tutto me stesso di non essermi svegliato nel corpo di renato pozzetto.
domenica 7 ottobre 2007
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mal comune, tutto gaudio |
dice, puoi lamentarti finchè vuoi della tua vita ma in fondo c'è sempre qualcuno che sta peggio di te: bon, questa sera l'ho conosciuto finalmente, questo qualcuno messo peggio di me.
e, beh, ci ho goduto un bel po'.
mica per lui, eh, sia chiaro. sono stronzo, sì, ma non fino al punto di gioire delle disgrazie altrui. gioivo perchè, per una volta, le disgrazie non erano mie. c'è una bella differenza.
il tizio stava guidando un camion, alle dieci passate del sabato sera, poco fuori da un casello della milano-venezia, quando il suo pesantissimo carico ha sfondato una delle sponde del rimorchio ed è crollato a terra, in mezzo alla strada.
per un attimo mi sono sentito sollevato. ero felice di essere me stesso e non quel tizio che ora avrebbe dovuto sistemare tutto quel casino.
d'accordo, questo sentimento tutt'altro che empatico non avrà giovato al mio già logoro karma. ma vuoi mettere?
per non parlare di quell'altra tipa, che oggi pomeriggio mentre io facevo la spesa in libertà, batteva i tastini della sua cassa di merda e faceva passare tutti quei codici a barre.. a un certo punto il nastro trasportatore, vai a capire perchè, non si è bloccato come al solito ed ha spinto una scatola pesante che ha divelto il monitor della cassa.
io guardavo e ridevo dentro di me. non ero io quello imputtanato fino al collo, con mezza cassa distrutta e una fila di clienti spazientiti.
non ero io il tizio costretto a fare il deficiente coi palloncini, chiuso dentro al costume da marmotta gigante nel centro commerciale.
non ero io l'inserviente che aveva appena terminato di lucidare il pavimento fuori dalla gelateria, quando il bimbo coreano gli ha vomitato sulle scarpe mezzo chilo di kimbap semi digerito.
non ero io quello fermo col triangolo d'emergenza a 100m dall'auto in panne.
per una volta, una volta tanto, oggi mi è andata liscia. e mi può bastare.
venerdì 29 giugno 2007
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teenage lobotomy |
no, internet non mi è mancato più di tanto. anche perchè potevo consultare occasionalmente posta e cazzi vari dal lavoro.
in ogni caso credo mi abbia fatto bene stare per qualche tempo lontano dallo schermo. avevo anche ripreso un po' di vigore. l'alone verdastro se n'era quasi andato via dalla mia faccia. riuscivo a reggermi sulle gambe semi-atrofizzate per più di cinque minuti, senza sentire il bisogno impellente di vomitare in ogni angolo. certo, non è passato tempo a sufficienza per guarire dall'impotenza ma almeno ho recuperato una minima parvenza di sano appetito sessuale, senza bisogno di ricorrere a video di porno estremo tedesco (il più trucido e abominevole, secondo forse solo al porno interspecie - e dico *forse*), gli unici che ancora riuscivano a dare l'impressione di poter trasmettere una scossa al mio ippocampo sottosviluppato.
avevo smesso di sporcarmi ogni quarto d'ora. i miei tutori avevano persino mandato a casa morag, l'infermiera che mi assisteva la notte. una mattina, a colazione, sono addirittura riuscito a mordicchiare un frammento di fetta biscottata intinta nel tè bollente. niente più tubicini nelle braccia e nel collo, capisci?
non che lo sforzo mi sia costato niente. nella foga di dimostrare a me stesso di poter essere qualcosa di più che l'ombra dell'uomo di un tempo, ho rovesciato la tazza di tè bollente sul pavimento. ho riportato un'ustione di secondo grado al piede sinistro, ma la vuoi sapere una cosa? beh, cristo, ogni volta che guardo quel benedetto piede bendato ripenso a quel momento in cui sono stato lì lì per *rinascere*, capisci, e subito il mio cervello molliccio in fase di desquamazione rilascia un fiotto di endorfine. è successo anche ora. e sì, mi sono pisciato addosso di nuovo, ma che me ne frega?
con il ritorno dell'aidsl è tornata in servizio anche morag. non dirlo a nessuno ma quando mi sporco una volta di troppo la notte, quella vigliacca mi batte sulla bocca con il manico della sua spazzola. puttana. quando i miei tutori hanno chiesto spiegazioni circa il gonfiore delle mie labbra, morag mi ha prima fulminato con il suo sguardo severo, poi ha sorriso e con aria sorniona ha detto: «signorino si morde labbro di notte. io cerca di ferma lui ma non sempre io riesce».
i miei tutori se la sono bevuta, chiaro e io mi guardo bene dal dire qualcosa, morag aspetta solo un mio passo falso per sentirsi autorizzata a fare ben altro con quella dannata spazzola di legno.
ieri, durante l'ultima visita a domicilio, il dottore aveva il volto corrucciato. però poi, tolto lo stetoscopio dalla mia schiena, ha detto al solito: «è tutto a posto, non c'è da preoccuparsi».
poco più tardi l'ho sentito parlare coi miei tutori, nella stanza accanto. ha detto che mi rimangono neanche 200 ore di connessione da vivere. poco più che una settimana, grosso modo.
poi, finalmente, sarò libero.
mercoledì 13 giugno 2007
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i vicini di casa |
l'altra mattina tornando a casa, mi sono imbattuto nel trasloco dei miei vicini. c'era un furgone parcheggiato vicino all'ingresso del condominio con all'interno qualche suppellettile accatastato. mi è bastata un'occhiata per capire cosa stesse succedendo. certo, il fatto che di lì a poco il vicino sia uscito dal portone trasportando un comodino sulle spalle, mi ha aiutato nella brillante deduzione.
a dirla tutta, l'ho vissuta un po' come un colpo basso. mi aspettavo che, vedendomi, il vicino si fermasse di colpo, guardandosi le punte delle scarpe imbarazzato.
- dunque state tagliando la corda? - avrei domandato io visibilmente contrariato.
- beh, sì, cioè, noi te l’avremmo voluto dire però, sì insomma.. sai com'è.
a quel punto avrei alzato la mano come per dire ’ne ho abbastanza’ e avrei proseguito oltre, lasciandolo lì, lui e il suo comodino di merda.
il fatto è che ormai mi ero abituato alla loro presenza. non abbiamo stretto un rapporto particolare, anzi. in due o tre anni ci saremmo scambiati sì e no gli auguri di natale e qualche saluto. ma loro erano i vicini, nel senso più stretto del termine. erano quelli che stavano dall’altra parte del muro, per intenderci. e mi piacevano. mi piaceva la musica che ogni tanto usciva dalle loro finestre, mi piaceva quando lei stendeva i panni e la bimba le giocava intorno, quando lui se ne stava a fumare i joint sul balcone a torso nudo, con la panza e la faccia da bravo ragazzo. forse se mi fossi sforzato un po' saremmo potuti diventare amici e adesso ogni tanto andremmo tutti a farci un bicchiere e due chiacchiere. chi lo sa.
questa insana dipendenza da vicino è nata tanto tempo fa. avrò avuto sì e no tre, quattro anni al massimo. ero al mare con la mia famiglia, in una grande casa assieme ai fratelli e alle sorelle di mio padre, con relative mogli, mariti, fidanzati e prole. insomma, il classico bordello vacanziero. ricordo che mi piaceva molto stare con il fratello più piccolo di mio padre e la sua ragazza. il fatto che spesso m'infilassi nel loro appartamento non dev'essere stata una gioia per mio zio, che probabilmente desiderava trascorrere più tempo possibile da solo con la sua futura sposa, piuttosto che avere tra le palle uno schizzetto appiccicoso. alla mia futura zia non dispiaceva, ma credo fosse il suo istinto materno prevaricante.
sono sempre stato un vicino attento e premuroso, io. e mai invadente, se non consideriamo l'esperienza al mare di cui sopra.
una volta me ne stavo tornando a casa da scuola quando vidi un portafogli per terra. apparteneva ai miei vicini di allora. oltre a qualche spicciolo, nel libretto c'erano le tessere del bancomat di lui e di lei. e i numeri. cazzo, allora non me ne resi conto ma abitavo accanto a due *maledetti geni*.
quando restituii il portafogli, quei due bastardi ingrati mi guardarono sospettosi, restando asserragliati sul ciglio della porta, smozzicando un grazie stiracchiato e riluttante. non un sorriso debitore, non una benevola carezza riconoscente (allora non c’era nemmeno il rischio che qualcuno li denunciasse all’istante per pedofilia).
mi chiedo chi saranno i miei prossimi vicini, che facce avranno, che tipo di musica ascolteranno, che tipo di zerbino metteranno fuori dalla porta, se avranno qualche animale domestico, se la sera faranno casino fino a tardi o se praticheranno qualche oscuro culto che contempla il sacrificio di capretti e ragazze vergini dai capelli verdi. mi chiedo quanto resteranno, quando decideranno che questo posto fa veramente troppo cagare per restarci un giorno di più.
ma non sarà più un problema per me. ho imparato la lezione, come si suol dire. col cazzo che la prossima volta mi farò cogliere alla sprovvista. quando il furgone dei traslochi ricomparirà sul vialetto di casa sarò pronto.
- ciao, ve ne andate di già? – domanderò col sorriso sulle labbra.
- già, ci stavamo pensando da un po’.. sai com’è.
- era ora.
giovedì 31 maggio 2007
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pendulum |
al giovane hank piacciono i rituali. quando ci siamo sentiti al telefono cinque minuti fa me lo ha ricordato, raccontandomi di una delle sue ultime imprese.
conosco hank da quando aveva sedici, diciassette anni. lavoravamo insieme per il giornale scolastico. mi considerava un mentore perchè avevo qualche anno più di lui ma non credo di avergli mai detto una parola su come *affrontare il pezzo*, come dicevamo all'epoca. in realtà, in qualità di caporedattore, non facevo altro che comparire ogni tanto alle riunioni della redazione (spesso a riunione bell'e cominciata) mettendomi in un angolo a sonnecchiare, senza esercitare alcun potere decisionale su quanto veniva discusso per la pubblicazione, salvo quella volta in cui posi il veto sull'articolo di un tizio che voleva denunciare l'attività illecita di spaccio alcoolici promossa dal bar dell'istituto. tutti mi fissarono increduli, forse perchè molti di loro sentivano la mia voce per la prima volta. al che ressi il loro sguardo sconcertato e ribattei democraticamente: il caporedattore sono io in fondo, si fa come dico io.
spedivo via mail i miei editoriali grigi e sterili, pieni zeppi di luoghi comuni e frasi vuote, brodaglie riscaldate che avevo scritto tutte in un unico pomeriggio e che periodicamente, una volta ogni due mesi, ripescavo dal cilindro e rispolveravo, prima di inviarle in redazione.
hank era l'unico dei ragazzi a starmi simpatico. a volte mi avvicinava con un pretesto (in genere agitava una lattina di birra nella mia direzione), per poi chiedermi consiglio su una frase da utilizzare per il suo prossimo articolo. di solito mi limitavo a grugnire (una volta per dire di no, due per dire sì), ostentando il massimo distacco possibile. non che questo lo scoraggiasse, ogni volta mi ringraziava come se lo avessi effettivamente aiutato. in realtà faceva tutto da solo.
i suoi pezzi erano sempre acuti e taglienti. conosceva alla perfezione le cose di cui scriveva, si documentava molto bene e riusciva a trovare sempre il modo giusto per trattare l'argomento. cristo, faceva quasi vera informazione. peccato poi che tutto finisse in mezzo ad un'accozzaglia di stronzate da liceali.
un giorno mentre mi stavo finendo una delle sue birre/esca, lui si guardò di lato furtivo e poi, quasi arrossendo, lo ammise. sono un abitudinario, disse.
sorrisi, immaginandomelo in una delle situazioni narrate nel pezzo di elio e le storie tese. ma hank restò serio e così smisi di prenderlo per il culo e gli passai la lattina vuota: - che vuoi dire?
- la mattina appena sveglio devo fare un numero preciso di cose e sempre nello stesso ordine. se per una qualche ragione non riesco a farle come devo, posso anche evitare di uscire di casa, perchè tanto non funzionerebbe. andrebbe tutto a puttane, tutto quanto.
- nel senso?
- nel senso che se ad esempio non finisco il latte in sette sorsi o se, bevuto l'ultimo sorso, rimane un numero dispari di cereali appiccicati in fondo alla tazza, se non mi spazzolo i denti in un ordine preciso, se non mi pettino con un certo numero di colpi di spazzola, se non sorrido prima che la mia faccia scompaia dallo specchio, se mia sorella si dimentica di salutarmi prima d'infilarsi in bagno, se non sento la sigla del tg della mattina prima di uscire, se non apro e chiudo tre volte il portone di casa, se non percorro il vialetto di casa in dodici passi esatti, se mi si disfano le stringhe delle scarpe mentre cammino verso la fermata dell'autobus, la giornata andrà a rotoli. perderò l'autobus e mi succederà qualcosa di tremendo. e questo solo per la mattina. per il resto del giorno ho un programma preciso e dettagliato.
gesticolando sfiorò per caso la lattina appoggiata sul ripiano accanto a sè. la toccò di nuovo per sedici volte di fila, molto velocemente.
- ok, sei un tantino complicato, ma nel loro piccolo tutti c'hanno qualche menata del genere, non ti credere - dissi.
- sì ma c'è dell'altro.
- del tipo?
- prima di fare qualcosa d'importante, devo prendermi del tempo per pensare - ammise.
- mi sembra piuttosto normale - ribattei.
- sì ma io, ecco, io mi dondolo.
- sarebbe a dire?
- mi dondolo, avanti e indietro, mentre penso a quello che devo fare.
- e lo fai.. per molto tempo?
- dai cinque ai dieci minuti. vado tipo in trans, mi puoi pure parlare ma non ti sento. ti parlo, se mi va, ma non ho idea di quello che dico. sto da un'altra parte, sai com'è. mi concentro troppo. tipo coma vigile.
- e dondoli.
- già.
non ho idea del perchè mi rivelò questo curioso particolare del suo essere. ma mi piacque. non lo giudicai in quanto soggetto ossessivo compulsivo schizoide. lo trovai semplicemente bizzarro, a suo modo, affascinante.
quando mi ha chiamato poco fa era piuttosto eccitato: - ho fatto un colloquio ieri - mi ha detto.
- cioè, una specie, cioè, ti spiego, il posto era una merda, tipo call-center, però ultimamente sono un po' alle strette e non è che possa farmi mantenere a vita (hank è un fuoricorso fiero e convinto).
- ti hanno preso?
- credo di sì (risatina). mi hanno fatto sedere in questa stanzetta spoglia e mi hanno detto di aspettare. così io mi sono messo lì seduto a guardarmi intorno. ho contato undici oggetti sulla scrivania, anche se per arrivare a undici ho dovuto contare la foto, la cornice e il vetro come tre elementi separati.
- mi sembra giusto.
- sì (risatina) però poi ho pensato che a quel punto anche il telefono potevo scinderlo in tre pezzi: cornetta, tastiera e cavo del telefono.
- giusta osservazione.
- ecco appunto, così sarebbero stati tredici pezzi e non più undici. allora pensa che ti ripensa mi sono messo a dondolare.
- eccolo.
- già (risatina). quando mi sono ripreso il tizio che nel frattempo si era seduto davanti a me mi ha sorriso e mi ha allungato la mano. io gliel'ho stretta e lui mi ha detto: che dire d'altro, mi sembra un tipo in gamba, le faremo sapere.
- giuralo!
- lo giuro, ha detto proprio così.. non ho idea di cosa io gli abbia detto. ma non ho finito, ti dicevo, mi stringe la mano, no, poi me la porge ancora e in tutto ce la stringiamo tre volte di seguito.
- allora vi intendevate.
- a-ah, mentre uscivo l'ho sentito aprire e chiudere il cassetto della scrivania almeno dieci volte.
hank ha sorriso, immagino ravviandosi i capelli nervosamente, per sette volte di fila, tipo.
- senti però, quella foto.. io il vetro lo considererei parte integrante della cornice - faccio io. - e così staresti a dieci pezzi.
e dall'altro capo del filo ho potuto sentire hank riprendere a dondolare.
venerdì 25 maggio 2007
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arnold layne |
la nuova generazione ha teoricamente una mentalità più aperta delle precedenti riguardo la sessualità. dico *in teoria*, perchè al lato pratico in pochi accettano con naturalezza l'espressione delle tendenze sessuali dell'essere umano. non a caso la maggior parte dei comici se la sfangano sempre alla grande con una battuta a sfondo sessuale. se poi ci mettiamo a parlare di *omosessualità* il gioco è ancora più facile.
non mi sono mai illuso di avere una mente aperta. col tempo tante questioni delicate sono diventate ordinarie, il che non significa per forza di cose che io le abbia in qualche modo *comprese*. le ho semplicemente accettate, più in maniera passiva che attiva.
così ho deciso di *considerare* di nuovo le diversità, piuttosto che ignorarle.
l'occasione si è presentata grazie a jenny bailey, il nuovo sindaco di cambridge.
apprendo della sua nomina durante la pausa pranzo, tra una forchettata di piselli mollicci e una cucchiaiata di mousse al tonno. penso, buono, più donne al potere, più donne al potere. jenny bailey è donna in effetti, ma solo da quindici anni. la notizia in breve ha fatto il giro del mondo: jenny, 45 anni, transessuale e primo cittadino di cambridge (in quest'ordine). in italia è stata definita la luxuria d'inghilterra, quantunque obiettivamente più brutta del nostro deputato transgender.
ho fissato per un po' la foto diramata dalle agenzie giornalistiche e poi mi si è interrotta la digestione. non è stata la rara bruttezza di quel volto sorridente o l'idea che quella signora in TV un tempo avesse il pisello. spalando con la forchetta il mix di verdura spappolata e mousse dal piatto direttamente nel cestino dei rifiuti, mi sono messo a considerare il cambiamento di sesso dal punto di vista pratico.
insomma, quando prima parlavo di trans, pensavo automaticamente a un film di almodovar o a priscilla, la regina del deserto, a hugo weaving e terence stamp in drag. e più che altro sorridevo (insomma, il generale ZOD di superman II all'improvviso gettava la maschera e se ne andava in giro vestito come una vecchia mignotta, cerca di capire).
le cose erano già cambiate qualche anno fa quando seppi di david palmer, arrangiatore e tastierista dei jethro tull fino al 1980, e della sua decisione di diventare *dee* palmer. a riguardo, ian anderson dichiarò: "I have known for the past two years of david palmer’s intention to undergo gender-changing procedures and, like many other people who have known david for three decades as a bearded, pipe-smoking man’s man, I found it difficult to understand at first. but I fully support his decision to undertake a new life as a woman".
così oggi, dopo il servizio sul sindaco trans, ho deciso di documentarmi e smettere di ignorare la questione transgender. basta mezzi sorrisi e battute trite e scontate. basta parrucche e zatteroni. basta platinette.
l'operazione in italia è definita ri-attribuzione chirurgica di sesso. l'operazione è la fase finale di un processo lungo, attraverso il quale il soggetto che intende cambiare sesso viene sottoposto ad attente analisi psichiatriche e cure ormonali (circa un anno e mezzo/due anni prima dell'operazione).
ma andiamo al sodo. prima cosa, le tette. la cura ormonale non garantisce uno sviluppo adeguato ai desideri della persona che si sottopone all'operazione. così viene effettuato un normale intervento di mastoplastica, inserendo due borse di silicone sotto le ghiandole mammarie (o i muscoli pettorali).
per meglio definire il nuovo aspetto esteriore qualcuno si fa togliere anche un paio di costole, in modo da rendere i fianchi più sinuosi, ridurre il pomo d'adamo e levare la barba con un trattamento laser.
e poi, la vaginoplastica. il processo si completa in due fasi. demolizione (e già qui mi si stringono le palle) e ricostruzione. in primo luogo vengono asportati gli organi genitali (il soggetto viene castrato). vengono esportati i corpi cavernosi e l'uretra (gli svuotano la salsiccia). dopodichè, nella fase ricostruttiva, la pelle del pene viene rovesciata come un calzino (in termini tecnici si introflette la pelle a dito di guanto) e una parte del glande viene isolata per costruire il clitoride.
sembra che nell'80% dei casi la cosa funzioni, tanto che il soggetto riesce a raggiungere l'orgasmo. certo, il 20% non è una percentuale così bassa quando ci si mette a ragionare sul fatto di poter perdere per sempre la capacità di godere di un rapporto sessuale.
soggetto A - uhm, 20%. è tantino, cazzarola.
cervello - stai dicendo che potrei perdere la mia dose quotidiana di endorfine?
soggetto A - oh beh, c'è sempre l'80% di possibilità che vada tutto bene.
cervello - col cazzo! io ho bisogno delle mie maledette endorfine, è chiaro??
soggetto A - OK, se va male al limite diventiamo eroinomani.
cervello - ti prendo in parola.
dopodichè è prevista una serie di interventi mirati a modellare grandi e piccole labbra, vulva e tutto il resto. dopo l'intervento, per dare forma alla nuova cavità e per impedire che si riduca naturalmente di diametro, il soggetto deve inserire un tutor nella nuova vagina, inizialmente un plug fisso e poi un fallo da introdurre periodicamente.
nel processo inverso, da donna a uomo, la faccenda è anche più lunga e complessa. già a partire dal torace, una mastectomia riduttiva non è sufficiente. non parliamo poi quando arriva il momento di costruire un pene. spesso ha solo una mera funzione estetica ma può essere dotato di un'uretra artificiale per sbrigare la funzione urinaria o di una protesi per consentire l'erezione e i rapporti sessuali. anche in questo caso gli organi genitali, l'utero e le ovaie vengono asportati. la vagina solo in alcuni casi, perchè normalmente tende a ridursi in modo naturale.
cercare di comprendere il significato del termine transessuale, almeno nella sua accezione fisiologica, non mi aiuta a capire perchè una persona senta di non appartenere al proprio sesso e voglia stravolgere il proprio corpo per sentirsi meglio, ma può servirmi per rompere certi preconcetti.
e a chi, come me, continuerà a farsi beffe dell'aspetto del nuovo sindaco di cambridge, vorrei che la signora bailey rispondesse citando il grande generale ZOD di cui sopra che, vestito da signora per bene in priscilla, sbotta in faccia ad una carogna cicciona: "ora stai a sentire brutta manza, apiccati il fuoco alla cordicella del tampax e fatti esplodere la caverna, perchè è l'unica botta che avrai mai nella vita, tesoro caro!"
venerdì 18 maggio 2007
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GOLIMAR! |
nella mia famiglia c'è un sacco di gente stramba. succede, se la famiglia è numerosa. in ogni caso non siamo proprio tutti a posto, per dirla in parole povere. cercando di essere più specifici, potrei dire che un buon 30-40% della stirpe ha dei seri problemi mentali. ecco, io mi colloco tranquillamente in questa percentuale.
non sono una persona normale. basterebbe osservarmi nel quotidiano, sempre che qualcuno già non riesca a farlo (e sempre che questo qualcuno sia anche *disposto* a farlo). ci sono dei momenti in cui do letteralmente fuori di matto. me ne accorgo, questo è certo, altrimenti non potrei scriverlo in questo momento. quindi sono costantemente in grado di intendere e di volere, nessuna difesa potrebbe mai invocare la semi infermità mentale per il quippresente, se mai dovessi finire sul banco degli imputati.
dice ti credo, tuo padre ha messo un nano da giardino sul balcone.
ma io sono arrivato alla frutta molto tempo prima. sarà che poco dopo essere venuto al mondo ho preso le sembianze di un mostro giallognolo (ero itterico) e grazie a questo fatto sono riuscito ad intraprendere una breve quanto fulminante carriera cinematografica.
infatti non passò molto che i miei genitori riuscirono a proporre il mio viso sfigurato dall'ittero a registi horror del calibro di claudio fragasso, lucio fulci ed enzo castellari (che fece da padrino al mio battesimo). nel giro di pochi giorni girai una serie infinita di scene raccapriccianti finite in altrettanti b-movies italiani dell'epoca, interpretando ruoli di spessore come il figlio di satana e la creatura aliena. non avevano nemmeno bisogno di truccarmi.
poi guarii e con l'ittero se ne andarono anche i miei sogni di gloria. di recente ho ritentato la carriera cinematografica ma i registucoli a cui mi sono proposto mi hanno fatto capire, tra le righe, che non sono portato per il mondo di celluloide (mi han detto, citanto il basic instinct di verhoeven: lascia perdere ciccione, non bucheresti lo schermo nemmeno con un punteruolo da ghiaccio).
da piccolo amavo nascondermi senza un preciso motivo. probabilmente volevo solo sparire per un po'. quando mi stancavo salatavo fuori all'improvviso dal mio nascondiglio e spaventavo la gente. una volta ho quasi ucciso mia zia a. con una di queste trovate. saltai fuori dal mio nascondiglio gridando come un ossesso. le prese una sincope ed io rimasi a guardarla divertito mentre lei si accasciava in lacrime sullo zerbino di casa mia. quando arrivarono quelli del 118 mi chiesero cosa fosse successo. dissi, senza smettere di ridere, che avevo spaventato mia zia di proposito.
i paramedici mi ripresero solennemente. poi uno di loro si accorse che ero il bimbo dei film di fulci e fragasso e mi diede un leccalecca alla fragola. lo succhiai avidamente mentre l'autolettiga con su mia zia schizzava verso l'ospedale.
una volta mi nascosi nel cesto dei panni sporchi e ci rimasi per sette settimane. quando uscii la mia faccia era in tv e sui cartoni del latte. mia madre mi corse incontro per abbracciarmi ma fu investita dall'odore pestilenziale dei miei vestiti incrostati di sudiciume e così si ritrasse, gettandomi nello sconforto. temetti che i miei non mi volessero più come figlio, così feci domanda per diventare almeno loro cugino ma non vollero sentir ragioni. mi cacciarono sotto la doccia e mi cosparsero di polvere disinfettante al mentolo.
posso passare intere giornate a dire stronzate senza senso e a guardare la mia faccia da cazzo nello specchio. in un modo o nell'altro sembra sempre meno cazzuta di quello che è in realtà. a meno che non stia facendo una faccia buffa. che poi è quello che faccio per la maggior parte del tempo quando mi guardo allo specchio. spalanco la bocca finchè non sento i muscoli del viso tirarsi all'inverosimile e le ossa scricchiolare. oppure lascio sporgere gli incisivi e alzo un sopracciglio, a metà tra bugs bunny e il dottor spock, cercando di sedurmi.
una volta mi sono fissato negli occhi così a fondo che il mio volto si è trasfigurato. poi mi sono parlato e credo di essermi detto anche delle cose piuttosto importanti che in ogni caso non ricordo, perchè ero troppo concentrato sulla linea di basso che sentivo pompare attraverso il muro. il pezzo sullo stereo - come scoprii più tardi - era suspicious minds di elvis ma da dove stavo, riuscivo a sentire solo la linea di basso e non capivo cosa diavolo fosse.
sono alla perenne ricerca di un ritmo. percuoto qualsiasi superficie cercando il ritmo. rompo la minchia cercando il ritmo. sì, dopo un po' la rompo, lo so. ma devo arrivare al limite io, sempre. devo tirarla secca, la gente. devono chiedermi cortesemente di smettere (vedi di darci un taglio, porco..., per usare le parole di mio fratello), altrimenti non mi diverto.
è tutto un circo, io, il ritmo e il mio maiale - che se gli infili un braccio dentro (dovrebbe essere una cosa per bambini ma è una buona palestra per il fistfucking) e gli fai chiudere la bocca a tempo, esegue nella vecchia fattoria e fra martino grufolando (chiaramente un regalo di p.).
credo che la cosa peggiorerà man mano diventerò vecchio. allora qualcuno sarà costretto a chiudermi in un gerontocomio, la cui retta riuscirò a pagare sfruttando le misere royalties dei film girati con castellari e lamberto bava.
e alla fine mi farò tumulare vestito da dracula come il grande béla lugosi.
mercoledì 9 maggio 2007
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listen without prejudice |
chissà com'è che certa gente, di punto in bianco, decide di farti una confidenza. a meno che non si tratti di un amico, intendo.
l'altra mattina ho preso un caffè con un consulente. fino a quel momento i nostri contatti si erano limitati a telefonate di lavoro e qualche mail (più che altro allegati con un testo molto breve, tipo "cdo" o "slt"). ci incontriamo per caso fuori dal suo ufficio e gli offro da bere. lui seleziona un mocaccino (e già questo avrebbe dovuto rivelarmi molto sul suo conto) e mi fa, armeggiando col cellulare: - devi assolutamente vedere questa cosa.
lo guardo pestare col pollice sulla tastiera mentre il suo mocaccino finisce di versarsi nel bicchiere. mi passa il cellulare, dice questa è roba forte.
sullo schermo passa un video porno di heather harmon. lui sorride mentre si porta il bicchiere alle labbra. chissà che faccia sto facendo. sorrido, il filmato l'ho già visto (anche se di prima mattina non mi fa un grande effetto) e gli restituisco il telefono sforzandomi di fare un commento pecoreccio sulla harmon.
- questo sicuramente non l'hai visto - fa lui mettendosi di nuovo a trafficare con la tastiera.
a questo punto vorrei dirgli che non m'interessa, che non ho tempo, ma per educazione lo lascio fare. questa volta sullo schermo passa un filmato chiaramente amatoriale. il consulente sostiene che sia stato girato in zona.
poi mi fa: - me l'ha mandato una tipa rispondendo a un annuncio su un giornale a cui sono abbonato.
finisce il mocaccino e spiega: - sono annunci di scambisti, tempo fa ero nel giro con la mia ex. adesso mi contattano coppie che cercano un singolo.
- come funziona, vi mandate foto? - chiedo io.
- foto, video, filmati come quello che hai visto. poi ci si mette d'accordo e ci si incontra.
- è da molto che lo fai?
- più o meno dieci anni. è cominciato per gioco, sai com'è. poi mi sono trovato bene.
- brutte esperienze? - chiedo ormai perfettamente calato nel ruolo di marco berry delle iene.
- per il momento no, fortunatamente. diciamo che ci sono volte in cui va da dio e altre in cui proprio non va. ma non c'è nessun problema, è questo il bello, se non funziona, tutti amici come prima. e poi non spendi soldi, non è come andare a puttane.
ora mi chiedo, lungi dall'esprimere un giudizio morale (dico, se ti piace, sei libero di fare quello che vuoi), cos'avrà spinto questo perfetto sconosciuto ad aprirsi con me tanto da mettermi al corrente dei suoi vizi privati? non ha la minima idea di chi io sia.
non è la prima volta che mi capita. andavo ancora a scuola quando una mia amica raccontò a me e a d. di un regalo che le aveva appena fatto il suo ragazzo.
me lo ricordo come se fosse ieri. sembra che lui l'abbia portata a casa sua e l'abbia invitata ad aprire l'armadio. c'è una sorpresa per te, deve aver sibilato. lei nell'armadio ha trovato una scatola da scarpe, all'interno della quale giaceva nientemeno che un grosso *dildo di gomma*. ci raccontò tutto ridendo dall'imbarazzo. noi non credevamo alle nostre orecchie. disse tutto alle due faine più bastarde che potesse trovare in circolazione, pensando che non saremmo corsi subito a scrivere tutto quanto sul muro a caratteri CUBITALI.
la storia è ancora oggi il nostro pezzo forte e non manchiamo mai di condividerla con ogni persona disposta ad ascoltare.
e tu, vuoi veramente ascoltare?
sabato 5 maggio 2007
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raccolta punti karma |
l'altro giorno sulla portiera della mia macchina è comparso un grosso alone circolare che proseguiva verso il basso con una strisciata lattiginosa al cui termine era sistemato un cumulo di mmerda, la più grossa cacata d'uccello che mi sia mai capitato di vedere.
un disgustoso profitterol, quasi UMANO.
è molto probabile che il pennuto in questione, dopo essersi svuotato le interiora sulla mia auto, abbia proseguito il volo per qualche metro per poi precipitare nel vuoto, privo di vita. dev'essersi cagato anche il cervello.
poi sono salito in macchina. più mi addentravo nella campagna e più l'odore acre del letame si faceva intenso. secondo me si trattava sempre di quel dannato uccello.
una volta uno di quei cosi volanti si è fiondato sul parabrezza della mia auto in corsa. lo vidi arrivare in picchiata dall'alto. sentii il tonfo sordo delle sue membra sul cristallo del parabrezza e un attimo dopo non c'era più, spinto dalla corrente oltre la mia macchina.
mi domando: una cosa del genere influisce sul karma?
la faccenda del karma dovrebbe funzionare un po' come un gioco a premi, anche se poi i premi li ritiri nella vita successiva. vediamo un po' come va il mio karma.
ieri ho ucciso una lucertola. e che bastardo sei, dirai. vabbè ma non l'ho fatto apposta. aiutavo p. a liberarsi da alcuni fastidiosi nidi di vespe e il rettile se ne stava lì, tra le ante della finestra. ho cercato di cacciarla con un colpo di scopa ma la lucertola non ha reagito come di consueto. non è schizzata via, s'è fatta pregare. così le ho dato un altro paio di colpi di ramazza e l'ho fatta cadere a terra. ancora non se ne andava, probabilmente intontita dalle scopettate. così l'ho aiutata ad allontanarsi con un altro colpetto. della serie *pussa via*, cazzo. poi gliene ho dato un altro, piccolo piccolo, perchè non mi piaceva dove l'avevo sistemata. a questo punto è caduta dal gradino ed è finita a terra supina, inerte. sono rimasto a fissarla per un po', senza avere il coraggio di finirla.
guardandola a posteriori, sembra che mi sia accanito su quella poveretta. ma non è così, non mi dava alcun fastidio e non volevo che morisse. però penso sia morta lo stesso e pure male.
diciamo che per la cosa del tordo che mi si spetascia sul vetro sono 10 punti in meno (non è che potevo finire nel fosso per salvare il pennuto che magari era già andato di suo). fai che sono -100 per la faccenda della lucertola.
quando ero piccolo, per un certo periodo, mi divertivo a mettere un insetto - di piccole dimensioni sia chiaro, tutto il resto mi terrorizza - su un foglio di carta e ad imprigionarlo in un cerchio di scolorina. ne facevo scendere parecchia, un bel bordo spesso e corposo. l'insetto si muoveva e come raggiungeva il muro bianco, le sue antenne si mettevano a sfanculare in tilt. un po' come sniffare la colla per un essere umano. dopo tre o quattro inutili tentativi di fuga l'insetto, ormai giunto allo stadio terminale della sua tossicodipendenza da scolorina, si sparava dritto nella sostanza vischiosa. riuscivano quasi tutti ad uscire dal *cerchio della morte* ma poco dopo tiravano le cuoia (sennò che cerchio della morte sarebbe stato?)
facciamo -50 punti, con l'attenuante dell'età prepuberale.
poco fa hanno suonato alla porta. testimoni di geova. ho preso la cornetta del citofono e senza lasciare che si presentassero ho detto: - charles russell e joseph rutheford erano gay e adoratori di satana.
ho messo giù e li ho guardati allontanarsi confusi.
diciamo un +20 per l'iniziativa (i tdg stan sul culo a tutti, dai).
l'altro giorno il bimbo al piano di sopra stava gridando come un ossesso da ORE. cha era in bagno e bestemmiava, stanco di questo strazio.
-500: afferrare il bimbo, prendergli le labbra e stringerle tra pollice e indice, dunque pinzare la carne con colpi decisi.
-200: mandare cha di sopra a continuare la cagata sul letto del piccino.
-100: iniettare tre o quattro bocce di ritalin nelle esili braccia del pargolo e lasciare che sprofondi in uno stato comatoso. esitare nel comporre l'892892 o 1240 o 1288 o uno di questi numeri a caso e chiedere di farsi mettere in contatto col 112, non prima di aver chiesto all'utente di prodursi in una performance canora del gingle abbinato al proprio numero di assistenza.
una mamma per amica. non ho mai visto nemmeno una puntata. il doppiaggio è da galera e ormai sono abituato a telefilm in cui prima o poi compare un nano o un tizio con due uccelli, per apprezzare le trite vicende di una famiglia americana, anche sui generis.
però io onestamente me le farei tutte e due le protagoniste del tf suddetto. tutte e due insieme (non avrebbe senso diversamente). oh sì. eccome.
ragionando da cattolico cristiano qui dovrei levarmi -200 punti, ma il karma funziona diversamente e questa cosa del tandem con le gilmore girls mi sembra una cosa positiva, che può fare del bene alla mia vita successiva (e anche a quella presente). perciò +1000 e vaffanculo.
suonano di nuovo alla porta. mi dirigo al citofono pronto a rispolverarne un'altra per quei fottuti tdg. e invece no.
viste nel videocitofono sono decisamente meglio, senza quel tremendo doppiaggio da galera.