giovedì 31 maggio 2007

pendulum

al giovane hank piacciono i rituali. quando ci siamo sentiti al telefono cinque minuti fa me lo ha ricordato, raccontandomi di una delle sue ultime imprese.

conosco hank da quando aveva sedici, diciassette anni. lavoravamo insieme per il giornale scolastico. mi considerava un mentore perchè avevo qualche anno più di lui ma non credo di avergli mai detto una parola su come *affrontare il pezzo*, come dicevamo all'epoca. in realtà, in qualità di caporedattore, non facevo altro che comparire ogni tanto alle riunioni della redazione (spesso a riunione bell'e cominciata) mettendomi in un angolo a sonnecchiare, senza esercitare alcun potere decisionale su quanto veniva discusso per la pubblicazione, salvo quella volta in cui posi il veto sull'articolo di un tizio che voleva denunciare l'attività illecita di spaccio alcoolici promossa dal bar dell'istituto. tutti mi fissarono increduli, forse perchè molti di loro sentivano la mia voce per la prima volta. al che ressi il loro sguardo sconcertato e ribattei democraticamente: il caporedattore sono io in fondo, si fa come dico io.
spedivo via mail i miei editoriali grigi e sterili, pieni zeppi di luoghi comuni e frasi vuote, brodaglie riscaldate che avevo scritto tutte in un unico pomeriggio e che periodicamente, una volta ogni due mesi, ripescavo dal cilindro e rispolveravo, prima di inviarle in redazione.
hank era l'unico dei ragazzi a starmi simpatico. a volte mi avvicinava con un pretesto (in genere agitava una lattina di birra nella mia direzione), per poi chiedermi consiglio su una frase da utilizzare per il suo prossimo articolo. di solito mi limitavo a grugnire (una volta per dire di no, due per dire sì), ostentando il massimo distacco possibile. non che questo lo scoraggiasse, ogni volta mi ringraziava come se lo avessi effettivamente aiutato. in realtà faceva tutto da solo.
i suoi pezzi erano sempre acuti e taglienti. conosceva alla perfezione le cose di cui scriveva, si documentava molto bene e riusciva a trovare sempre il modo giusto per trattare l'argomento. cristo, faceva quasi vera informazione. peccato poi che tutto finisse in mezzo ad un'accozzaglia di stronzate da liceali.

un giorno mentre mi stavo finendo una delle sue birre/esca, lui si guardò di lato furtivo e poi, quasi arrossendo, lo ammise. sono un abitudinario, disse.
sorrisi, immaginandomelo in una delle situazioni narrate nel pezzo di elio e le storie tese. ma hank restò serio e così smisi di prenderlo per il culo e gli passai la lattina vuota: - che vuoi dire?

- la mattina appena sveglio devo fare un numero preciso di cose e sempre nello stesso ordine. se per una qualche ragione non riesco a farle come devo, posso anche evitare di uscire di casa, perchè tanto non funzionerebbe. andrebbe tutto a puttane, tutto quanto.
- nel senso?
- nel senso che se ad esempio non finisco il latte in sette sorsi o se, bevuto l'ultimo sorso, rimane un numero dispari di cereali appiccicati in fondo alla tazza, se non mi spazzolo i denti in un ordine preciso, se non mi pettino con un certo numero di colpi di spazzola, se non sorrido prima che la mia faccia scompaia dallo specchio, se mia sorella si dimentica di salutarmi prima d'infilarsi in bagno, se non sento la sigla del tg della mattina prima di uscire, se non apro e chiudo tre volte il portone di casa, se non percorro il vialetto di casa in dodici passi esatti, se mi si disfano le stringhe delle scarpe mentre cammino verso la fermata dell'autobus, la giornata andrà a rotoli. perderò l'autobus e mi succederà qualcosa di tremendo. e questo solo per la mattina. per il resto del giorno ho un programma preciso e dettagliato.
gesticolando sfiorò per caso la lattina appoggiata sul ripiano accanto a sè. la toccò di nuovo per sedici volte di fila, molto velocemente.
- ok, sei un tantino complicato, ma nel loro piccolo tutti c'hanno qualche menata del genere, non ti credere - dissi.
- sì ma c'è dell'altro.
- del tipo?
- prima di fare qualcosa d'importante, devo prendermi del tempo per pensare - ammise.
- mi sembra piuttosto normale - ribattei.
- sì ma io, ecco, io mi dondolo.
- sarebbe a dire?
- mi dondolo, avanti e indietro, mentre penso a quello che devo fare.
- e lo fai.. per molto tempo?
- dai cinque ai dieci minuti. vado tipo in trans, mi puoi pure parlare ma non ti sento. ti parlo, se mi va, ma non ho idea di quello che dico. sto da un'altra parte, sai com'è. mi concentro troppo. tipo coma vigile.
- e dondoli.
- già.

non ho idea del perchè mi rivelò questo curioso particolare del suo essere. ma mi piacque. non lo giudicai in quanto soggetto ossessivo compulsivo schizoide. lo trovai semplicemente bizzarro, a suo modo, affascinante.

quando mi ha chiamato poco fa era piuttosto eccitato: - ho fatto un colloquio ieri - mi ha detto.
- cioè, una specie, cioè, ti spiego, il posto era una merda, tipo call-center, però ultimamente sono un po' alle strette e non è che possa farmi mantenere a vita (hank è un fuoricorso fiero e convinto).
- ti hanno preso?
- credo di sì (risatina). mi hanno fatto sedere in questa stanzetta spoglia e mi hanno detto di aspettare. così io mi sono messo lì seduto a guardarmi intorno. ho contato undici oggetti sulla scrivania, anche se per arrivare a undici ho dovuto contare la foto, la cornice e il vetro come tre elementi separati.
- mi sembra giusto.
- sì (risatina) però poi ho pensato che a quel punto anche il telefono potevo scinderlo in tre pezzi: cornetta, tastiera e cavo del telefono.
- giusta osservazione.
- ecco appunto, così sarebbero stati tredici pezzi e non più undici. allora pensa che ti ripensa mi sono messo a dondolare.
- eccolo.
- già (risatina). quando mi sono ripreso il tizio che nel frattempo si era seduto davanti a me mi ha sorriso e mi ha allungato la mano. io gliel'ho stretta e lui mi ha detto: che dire d'altro, mi sembra un tipo in gamba, le faremo sapere.
- giuralo!
- lo giuro, ha detto proprio così.. non ho idea di cosa io gli abbia detto. ma non ho finito, ti dicevo, mi stringe la mano, no, poi me la porge ancora e in tutto ce la stringiamo tre volte di seguito.
- allora vi intendevate.
- a-ah, mentre uscivo l'ho sentito aprire e chiudere il cassetto della scrivania almeno dieci volte.

hank ha sorriso, immagino ravviandosi i capelli nervosamente, per sette volte di fila, tipo.

- senti però, quella foto.. io il vetro lo considererei parte integrante della cornice - faccio io. - e così staresti a dieci pezzi.

e dall'altro capo del filo ho potuto sentire hank riprendere a dondolare.

3 commenti:

ma CDV??

dano, se sei tu - ma anche no -, arrenditi. è finita. andiamo AVANTI.

shit...