mercoledì 13 giugno 2007

i vicini di casa

l'altra mattina tornando a casa, mi sono imbattuto nel trasloco dei miei vicini. c'era un furgone parcheggiato vicino all'ingresso del condominio con all'interno qualche suppellettile accatastato. mi è bastata un'occhiata per capire cosa stesse succedendo. certo, il fatto che di lì a poco il vicino sia uscito dal portone trasportando un comodino sulle spalle, mi ha aiutato nella brillante deduzione.
a dirla tutta, l'ho vissuta un po' come un colpo basso. mi aspettavo che, vedendomi, il vicino si fermasse di colpo, guardandosi le punte delle scarpe imbarazzato.

- dunque state tagliando la corda? - avrei domandato io visibilmente contrariato.
- beh, sì, cioè, noi te l’avremmo voluto dire però, sì insomma.. sai com'è.

a quel punto avrei alzato la mano come per dire ’ne ho abbastanza’ e avrei proseguito oltre, lasciandolo lì, lui e il suo comodino di merda.
il fatto è che ormai mi ero abituato alla loro presenza. non abbiamo stretto un rapporto particolare, anzi. in due o tre anni ci saremmo scambiati sì e no gli auguri di natale e qualche saluto. ma loro erano i vicini, nel senso più stretto del termine. erano quelli che stavano dall’altra parte del muro, per intenderci. e mi piacevano. mi piaceva la musica che ogni tanto usciva dalle loro finestre, mi piaceva quando lei stendeva i panni e la bimba le giocava intorno, quando lui se ne stava a fumare i joint sul balcone a torso nudo, con la panza e la faccia da bravo ragazzo. forse se mi fossi sforzato un po' saremmo potuti diventare amici e adesso ogni tanto andremmo tutti a farci un bicchiere e due chiacchiere. chi lo sa.

questa insana dipendenza da vicino è nata tanto tempo fa. avrò avuto sì e no tre, quattro anni al massimo. ero al mare con la mia famiglia, in una grande casa assieme ai fratelli e alle sorelle di mio padre, con relative mogli, mariti, fidanzati e prole. insomma, il classico bordello vacanziero. ricordo che mi piaceva molto stare con il fratello più piccolo di mio padre e la sua ragazza. il fatto che spesso m'infilassi nel loro appartamento non dev'essere stata una gioia per mio zio, che probabilmente desiderava trascorrere più tempo possibile da solo con la sua futura sposa, piuttosto che avere tra le palle uno schizzetto appiccicoso. alla mia futura zia non dispiaceva, ma credo fosse il suo istinto materno prevaricante.
sono sempre stato un vicino attento e premuroso, io. e mai invadente, se non consideriamo l'esperienza al mare di cui sopra.
una volta me ne stavo tornando a casa da scuola quando vidi un portafogli per terra. apparteneva ai miei vicini di allora. oltre a qualche spicciolo, nel libretto c'erano le tessere del bancomat di lui e di lei. e i numeri. cazzo, allora non me ne resi conto ma abitavo accanto a due *maledetti geni*.
quando restituii il portafogli, quei due bastardi ingrati mi guardarono sospettosi, restando asserragliati sul ciglio della porta, smozzicando un grazie stiracchiato e riluttante. non un sorriso debitore, non una benevola carezza riconoscente (allora non c’era nemmeno il rischio che qualcuno li denunciasse all’istante per pedofilia).

mi chiedo chi saranno i miei prossimi vicini, che facce avranno, che tipo di musica ascolteranno, che tipo di zerbino metteranno fuori dalla porta, se avranno qualche animale domestico, se la sera faranno casino fino a tardi o se praticheranno qualche oscuro culto che contempla il sacrificio di capretti e ragazze vergini dai capelli verdi. mi chiedo quanto resteranno, quando decideranno che questo posto fa veramente troppo cagare per restarci un giorno di più.
ma non sarà più un problema per me. ho imparato la lezione, come si suol dire. col cazzo che la prossima volta mi farò cogliere alla sprovvista. quando il furgone dei traslochi ricomparirà sul vialetto di casa sarò pronto.

- ciao, ve ne andate di già? – domanderò col sorriso sulle labbra.
- già, ci stavamo pensando da un po’.. sai com’è.
- era ora.

2 commenti:

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