sabato 15 dicembre 2007

gino è una bestia (aka "jingle bells")

il mio nuovo lavoro stagionale come babbo natale all'ipercoop, mi permette diversi benefit, tra cui la possibilità di godere di forti sconti su tutti gli articoli in promozione natalizia in vendita nei negozi della catena. la condicio sine qua non perchè io usufruisca di questa facilitazione è che mi presenti alla cassa col costume di babbo natale, lo stesso che uso in orario di lavoro. come se a questo punto mi fregasse qualcosa di fare figure da cazzo con la gente.
l'altra sera ero talmente sfatto che sono sceso al bar vestito ancora in giacca rossa con finiture di pelo bianco e barba posticcia. mi sono appoggiato al bancone senza potermi sedere, perchè dopo un turno di sei ore filate, a forza di tenere bambini ciccioni sulle ginocchia a ritmo di uno ogni due minuti, le chiappe mi si sono gonfiate in modo spropositato e mi si sono pure tagliate in mezzo (ma il dottore ha detto che quella probabilmente è una vecchia ferita).
sembravo un incrocio tra dan aykroyd vestito da babbo natale ubriacone nel classico natalizio una poltrona per due (che molto probabilmente nelle prossime tre settimane trasmetteranno a ciclo continuo e anche a reti unificate subito dopo il discorso di napolitaner) e il billy bob thornton di babbo bastardo (quello che nella scena clou del film s'inchiappetta una grassona nel camerino del grande magazzino dove lavora come babbo natale esclamando: "sì, baby, non riuscirai a cagare per una settimana!").

– lo sai? è anche grazie a gente come te se ho smesso di amare il fottuto natale – mi ha detto il barista in tono acido.

l'ho guardato per un po' e poi ho ruttato. che altro avrei dovuto fare? credevo di essere solo un'icona kitsch e invece mi ritrovo ad incarnare lo spirito di una festa morta, fagocitata dalla farsa del consumismo.

– mamma, babbo natale sta bevendo un scotch doppio al bancone! – ha bisbigliato un nanetto tirando la gonna della madre etilica allo stadio terminale.

m'è venuto da pensare che portarsi il figlio in un posto come questo non è granchè educativo. ma neanche portarlo all'ipercoop sulle ginocchia di un finto babbo natale per chiedere regali – che nella maggior parte dei casi sono delle cazzate tremende – lo è.
mai nessuno che chieda qualcosa di anche solo lontanamente interessante, per dire. chessò, non ho mai sentito un bambino che mi chiedesse di portargli, la butto lì, un didgeridoo, quell'affare che sulle prime sembra un grosso chillum da erborista esibizionista, ma che invece va usato al contrario. viene dagli aborigeni australiani che lo intagliavano dalle piante di eucalipto e se ci soffi dentro produce quel bordone ipnotico da cui prende il nome lo strumento.
io, ad esempio, da piccolo mi sarei divertito di bestia con un affare del genere a disposizione. comunque nessun bambino mi ha mai chiesto un didgeridoo, ecco. non che glielo avrei portato, voglio dire, il mio lavoro consiste nell'ascoltare le loro richieste e rispondere con frasi standard tipo: oh oh oh, sarai accontentato, piccolo! buon natale! oh oh oh (l'oh oh oh è per contratto, io ne farei volentieri a meno, ma mi pagano un tot ogni oh). poi morta lì, non è che devo anche portargli i regali a casa. nel colloquio con il direttore del personale dell'ipercoop ho tenuto che fosse messo nero su bianco. non si è mai troppo prudenti con questi contratti capestro. finisce che da qualche parte in piccolo c'è una clausola che t'inchiappetta e ti ritrovi la notte del 24 ancora vestito da babbo natale, con un sacco pieno di avanzi di magazzino dell'ipercoop in spalla, a fare il giro dei dormitori e dei centri di accoglienza per i disadattati. non sono tagliato per il volontariato, io. è il senso di colpa che mi fotte e anche una certa dose di presunzione congenita.

ma poi ho pensato, magari nessun bambino mi chiede il didgeridoo perchè nessun bambino sa cosa sia. così ieri, al turno del pomeriggio, ho portato il mio didgeridoo in negozio e, approfittando di una pausa tra una richiesta di gormiti e una di fatine winx (a proposito, COMPLIMENTI buffon, la tua è la pubblicità più trash del momento), mi sono prodotto in un'esibizione estemporanea.
quando ho riaperto gli occhi (ero preso al punto da chiudere gli occhi nel trasporto dell'esecuzione, abitudine di cui hornby parla con sospetto e diffidenza in about a boy) i clienti erano tutti accucciati per terra con le mani premute sulle orecchie.

– che cosa sta succedendo qui?? – ha gridato il direttore del reparto arrivando trafelato. un lembo della camicia gli sporgeva dalla giacca. secondo me stava cacando quando qualcuno l'ha avvertito dell'emergenza all'angolo di babbo natale.
babbo natale, cioè io.

– cosa diavolo è quell'affare?? – ha gridato quello, sempre coi due punti di domanda.

allora mi sono sentito in dovere di spiegare e di decantare la bellezza del didgeridoo. non mi rivolgevo direttamente al tizio, il mio discorso era più che altro rivolto ai bambini presenti.

– lo metta via subito! – ha intimato il caporeparto interrompendomi sul più bello.

stavo per spiegare le proprietà ipnotiche del suono emesso dal didgeridoo, che sulle prime può risultare molesto ma poi è capace di trascinare l'essere umano in una dimensione trascendentale.

– o sarò costretto a farla sbattere fuori – ha sibilato quello tra i denti, avvicinandomisi con fare minaccioso.

così, con la tristezza che mi riempiva il petto e mi fiaccava le gambe, ho messo da parte il mio didgeridoo.
ma poi è successo.

– voglio un tubo che fa "woooomwoooomwowooomwoooowoooom" – ha detto il primo bimbo ciccione che mi si è chiapponato sulle ginocchia osteoporotiche.
oh oh oh!, ho esclamato io con rinnovato vigore (il che mi ha fruttato un aumento in busta e il ritiro della nota di biasimo per l'incidente col didgeridoo).

– ma gianmattia – ha detto la madre stupefatta (almeno quanto lo ero io dopo aver sentito con che razza di nome ha marchiato a vita il figlio) – cosa te ne fai di quel coso?

cioè capisci, ha detto "quel coso". quanta ignoranza, madonna.

– ti spacco la minchia, mamma – ha detto quello con un sorrisetto da vero bastardo.

1-0, mamma, prendi questo. quel piccolo botolo di adipe chiapponato sulle mie ginocchia ora pareva pesare due grammi tanto lo stimavo (dentro di me, perchè per contratto non possiamo dire nient'altro ai piccoli che le frasi standard imparate a memoria, se non vogliamo rischiare denuncie per molestie. oggi il mondo va così).
la madre si è portata via il fan numero uno del didgeridoo pensando comunque di essere al sicuro. deve aver pensato: il bambino avrà pure chiesto quel coso ma io col cazzo che glielo compro.
beh, non si preoccupi signora, mi premurò di recapitare il regalo di persona, direttamente davanti alla porta di casa. e quando gianmattia lo vedrà, sarà fatica sprecata cercare di portarglielo via.

dopo gianchiappechiappone, molti altri bambini hanno richiesto il didgeridoo, tanto che ho saputo che una famosa casa di giocattoli ne sta preparando una versione economica per la vendita nei centri commerciali. e forse qui ho anche perso un'ottima occasione per sfruttare un bel bisiniss' nascente. non che mi importi granchè. resto un finto babbo natale schiacciato dal peso di bambini grassi e pasciuti fino alla vergogna, ma sono un uomo più sereno.

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